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Marx Engels: attesa di un 1789 russo

Per Marx ed Engels il periodo di reazione seguito alla repressione della Comune di Parigi, oggi diremmo controrivoluzionario, è un periodo di intensa attività politica e quindi non disgiunto da un’altrettanto intensa attività di studio. La diffusione del mercato capitalistico offre a Marx ed Engels la possibilità di intervenire sugli avvenimenti russi. Essi non esitano ad instaurare rapporti con intellettuali russi allo scopo di diffondere i risultati del loro lavoro, di ciò che oggi chiamiamo marxismo.
In una corrispondenza con la redazione dell’Otecestvennye Zapiski della fine del 1877 Marx affronta un argomento per i russi controverso: quello della «comune agricola» o «obscina». In sintesi questo istituto primordiale alla cui base sta la proprietà comune, induce molti russi a ritenere più prossima la Russia al comunismo di quanto non lo siano le nazioni in cui è ormai ben radicata la proprietà privata capitalistica. Da qui la critica a Marx di aver enunciato una teoria che predestinerebbe alla Russia un futuro capitalistico. In questa corrispondenza Marx, dopo aver riassunto la propria descrizione dello sviluppo capitalistico, risponde ad uno di questi critici.

Ora, quale applicazione al caso della Russia il mio critico poteva dedurre dal mio schizzo storico? Solo questa: se la Russia aspira a diventare una nazione capitalistica alla stessa stregua delle nazioni dell’Europa occidentale, e negli ultimi anni si è data un gran daffare in questo senso, essa non lo potrà senza prima aver trasformato buona parte dei suoi contadini in proletari: dopo di che, presa nel turbine del sistema capitalistico, ne subirà, come tutte le altre nazioni profane, le leggi inesorabili. Ecco tutto. Ma per il mio critico, è troppo poco. Egli sente l’irresistibile bisogno di metamorfosare il mio schizzo della genesi del capitalismo nell’Europa occidentale in una teoria storico-filosofica della marcia generale fatalmente imposta a tutti i popoli, in qualunque situazione storica essi si trovino, per giungere infine alla forma economica che, con la maggior somma di potere produttivo del lavoro sociale, assicura il più integrale sviluppo dell’uomo. Ma io gli chiedo scusa: è farmi insieme troppo onore e troppo torto.

Dopo aver riassunto la formazione della plebe dell’antica Roma come prodotto di un processo di espropriazione dei produttori dai mezzi di produzione, da cui si formarono appunto da un lato plebei dall’altro grandi proprietari fondiari e grandi capitali monetari, producendo però non un sistema capitalistico ma uno schiavistico, Marx prosegue

Dunque eventi di un analogia sorprendente, ma verificatisi in ambienti storici affatto diversi, produssero risultati del tutto differenti.
La chiave di questi fenomeni sarà facilmente trovata studiandoli separatamente uno per uno e poi mettendoli a confronto; non ci si arriverà mai col passe-partout di una filosofia della storia, la cui virtù suprema è d’essere soprastorica.

In una corrispondenza del 1878 alla ‘La Plebe’ di Milano Engels, dopo aver esposto la crisi in cui versa la Russia zarista, sintetizza motivi e scopi di tale attenzione:

Infine noi abbiamo tutti gli elementi di un 1789 russo, seguito per necessità da un 1793. Qualunque sia l’esito della guerra, la rivoluzione è pronta, e scoppierà presto; comincerà contro le previsioni di Bakunin, dall’alto, nel palazzo, nel seno della nobiltà impoverita e frondeuse. Ma una volta in moto, essa travolgerà i contadini e voi vedrete allora delle scene, di fronte alle quali impallidiranno quelle del ’93. Una volta spinta la Russia alla rivoluzione, tutta la faccia d’Europa si muterà. La vecchia Russia è stata sin adesso la grande armata di riserva della reazione europea: essa ha agito così nel 1798, nel 1805, nel 1815, nel 1830, nel 1848. Una volta distrutta quest’armata di riserva - la vedremo!.

Quindi nella rivoluzione borghese russa Engels e Marx colgono l’inevitabile rottura del tradizionale equilibrio tra gli stati europei, e la conseguente apertura di una contraddizione favorevole al proletariato internazionale, in una situazione in cui lo stato russo aveva sin’allora giocato un ruolo del tutto opposto, reazionario.
L’attesa di un 1789 russo per Marx ed Engels è l’attesa di una rivoluzione il cui processo si concluda con la proprietà contadina della terra. E’ questa proprietà privata ad aver impedito che la reazione europea del 1815 potesse riportare indietro l’orologio della storia, ritrasformandola in proprietà feudale. E’ questa proprietà privata ad aver reso possibile il 1830 francese ed il 1848 europeo. E’ una presenza vitale, che infetta molecolarmente il commercio dei prodotti della terra, dei manufatti che i contadini ora possono acquistare, ecc, in continuo confronto con una proprietà feudale stagnante, in decadenza.
In una breve lettera a Vera Zasulic del 1881 Marx chiarisce il proprio pensiero, smentendo tra l’altro tutte le future interpretazioni su di un Marx "eurocentrico" e quindi incapace di comprendere lo sviluppo extraeuropeo e mondiale, e riassumendo il ruolo che la proprietà privata contadina ha assolto in "occidente".

Analizzando la genesi della produzione capitalistica io dico: «Al fondo del sistema capitalistico v’è dunque la separazione radicale del produttore dai mezzi di produzione... La base di tutta questa evoluzione è l’espropriazione dei coltivatori agricoli, dei contadini. Essa non si è finora compiuta in modo radicale che in Inghilterra... Ma tutti gli altri paesi dell’Europa occidentale percorrono lo stesso movimento» (Le Capital, ed franc., p. 315). La «fatalità storica» di questo movimento è dunque espressamente limitata ai paesi dell’Europa occidentale. Il perché di questa limitazione è spiegato nel cap. XXXII: «La proprietà privata fondata sul lavoro personale... sarà sostituita dalla proprietà privata capitalistica fondata sullo sfruttamento del lavoro altrui, sul salariato» (op. cit. p. 340).
In questo movimento occidentale, si tratta quindi della trasformazione di una forma di proprietà privata in un altra forma di proprietà privata. Per i contadini russi, si tratterebbe invece di trasformare in proprietà privata la loro proprietà comune.
Perciò, l’analisi data nel Capitale non fornisce ragioni né pro né contro la vitalità della comune rurale;

Torneremo necessariamente sulla questione «obscina» o «comune agricola» russa. Ciò che vogliamo sottolineare è che perché la Russia zarista potesse ritrovarsi nelle condizioni che hanno rappresentato «la base di tutta questa evoluzione» in occidente è necessaria la trasformazione della proprietà comune in proprietà privata. Questo processo di trasformazione, di formazione di un 1789 russo, per Marx ed Engels, è già in corso. E’ lo stesso Stato zarista, introducendo industrie e riforme sociali, ad innescare tale processo nel tentativo di reggere il confronto politico-militare, vitale per uno stato assolutistico, con gli altri Stati. Tale processo però non può essere risolto, essendo sociale, molecolare, per ukase, neanche con lo knut.
Marx torna sulle differenze che caratterizzano la Russia rispetto all’occidente negli abbozzi alla stessa lettera inviata alla Zasulic.

Dal punto di vista storico, l’unico argomento serio portato in campo a favore della fatale dissoluzione della comune contadina russa, è questo:
Rimontando nei secoli, la proprietà comune di un tipo più o meno arcaico si trova dappertutto nell’Occidente europeo; col progresso sociale, essa è dovunque scomparsa. Come potrebbe sfuggire alla stessa sorte in Russia? Rispondo: perché in Russia, grazie a una combinazione di circostanze uniche, la comune agricola, ancora stabilita sull’intera estensione del paese, può gradatamente spogliarsi dei suoi caratteri primitivi e svilupparsi direttamente come elemento della produzione collettiva su scala nazionale. E’ appunto grazie alla contemporaneità della produzione capitalistica, che essa può appropriarsi tutte le conquiste positive senza passare attraverso le sue peripezie terribili. La Russia non vive isolata dal mondo moderno, e non è nemmeno preda di un conquistatore straniero come le Indie orientali...

Il primo punto fissato da Marx in questa discussione è quindi quello dell’elemento sociale «estraneo» alla «comune agricola» russa. Estraneo al modo di produzione predominante russo, sia pure in crisi. Perché di un «modo di produzione» si tratta e non della vita o della morte di una semplice «forma» sociale. «modo di produzione» che non a caso determina l’assolutismo zarista, non a caso nella sua crisi quella dell’intera sovrastruttura autocratica.
Marx comunque sottolinea di aver «solo» analizzato lo sviluppo storico, l’evoluzione della società precapitalistica in capitalistica e non di aver precostituito «fatalità storiche». Prima analizza la concreta realtà russa, in cui la miseria del coltivatore, oppresso dalle imposte statali per sostenere le grandi industrie cresciute sotto tutela statale e dall’usura,

ha infettato la terra, che già si sterilizza. Ai buoni raccolti .. fanno da contrappeso nuove carestie. Invece di esportare cereali, la Russia deve importarne. Non v’è dunque tempo da perdere [banchieri e industriali ragionano]. Bisogna finirla. Bisogna costituire in classe media la minoranza più o meno agiata dei contadini, e convertirne la maggioranza in proletari puri e semplici. A questo fine, i portavoce delle «nuove colonne sociali» denunziano essi stessi le piaghe inferte alla comune, altrettanti sintomi della sua decrepitezza...

E solo in conseguenza di quest’analisi, Marx, ricava l’indirizzo da seguire:

Ciò che minaccia la vita della comune russa non è dunque né una fatalità storica, né una teoria: è l’oppressione da parte dello stato e lo sfruttamento da parte di intrusi capitalisti, rafforzatisi a sue spese.
Qui non si tratta di un problema teorico da risolvere; si tratta di un nemico da abbattere. Per salvare la comune russa, occorre una rivoluzione russa. Se la rivoluzione scoppierà a tempo opportuno, se l’intelligencija concentrerà tutte le forze «vive del paese» nell’assicurare alla comune agricola un libero spiegamento, allora la comune ben presto evolverà come elemento di rigenerazione della società russa e, insieme, di superiorità sui paesi ancora asserviti dal regime capitalistico.

Marx riprenderà questa tesi nella prefazione russa alla seconda edizione del Manifesto, nel 1882:

La sola risposta oggi possibile a tale problema è: se la rivoluzione russa diverrà il segnale di una rivoluzione proletaria in Occidente, in modo che le due rivoluzioni si completino a vicenda, allora l’odierna proprietà comune della terra in Russia potrà servire come punto di partenza a uno sviluppo in senso comunistico.

Prescindiamo da tutte le possibili osservazioni in merito a successive pretese di socialismo in un paese solo come di un presunto Stato operaio ma anche e soprattutto di un altrettanto presunto Capitalismo di Stato. Qui ci interessa sottolineare come l’elemento estraneo, ciò che Marx chiama ambiente storico, al naturale sviluppo della comune agricola apra una prospettiva dualistica, con due possibilità entrambe determinate dalla natura dell’elemento estraneo stesso, cioè dal circostante panorama capitalistico. Da un lato la possibilità dello sviluppo capitalistico puro e semplice, passando «attraverso le sue peripezie terribili». Dall’altro la possibilità comunista determinata dalla sconfitta del sistema capitalistico in occidente.
Sull’arco di queste possibilità, determinate da ciò che abbiamo definito elemento estraneo, è stata finora condotta la discussione sulla natura della controrivoluzione stalinista. Tutti gli avvenimenti successivi sono stati misurati col metro di questa unica prospettiva duale. In realtà però questa prospettiva non era l’unica. Certamente è l’unica che realizzi comunque, rispetto all’assolutismo zarista, rispetto all’isolata vita della comune agricola che determina tale assolutismo, un progresso.
Nell’arco delle possibilità esisteva un’altra soluzione, un’altra prospettiva: quella determinata dall’ininfluenza dell’elemento estraneo. E’ un ipotesi che non è stata neanche avanzata e tanto meno valutata. Isolata dalla sconfitta proletaria in occidente, isolata dal generale ambiente protezionistico che porterà alla seconda guerra mondiale, la Russia subirà l’isolamento delle campagne russe pietrificato da un 1789 russo che non è ancora oggi arrivato, rigenerando nel suo Stato l’assolutismo zarista, nelle forme e nei tempi cui era ed è stato possibile.
Del resto è lo stesso Marx, sempre negli abbozzi alla citata lettera ad esporre questa ipotesi rilevando come nella comune agricola

La terra coltivabile, proprietà inalienabile e comune, è periodicamente divisa fra i membri della comune agricola, in modo che ciascuno sfrutta per conto suo i campi che gli vengono assegnati e, in particolare, se ne appropria i frutti.

Per Marx, questa ripartizione collettiva e questa appropriazione individuale, costituiscono «il dualismo inerente alla costituzione della comune agricola». Il motore che ha consentito, in occidente, alle sue forme più primitive di evolversi sino alla società in cui domina la proprietà privata capitalistica.

Ma significa ciò che la parabola storica della comune agricola debba fatalmente giungere a questo sbocco? Nient'affatto. Il dualismo a essa intrenseco ammette un'alternativa: o il suo elemento di proprietà prevale sul suo elemento collettivo, o questo s'impone a quello. Tutto dipende dall'ambiente storico nel quale essa si trova... Le due soluzioni sono, di per sé, entrambe possibili.

Questa ipotesi non può e non deve essere qui illustrata storicamente. E’ in grado però di porre sotto una nuova luce tutto il periodo storico che va dalla rivoluzione d'Ottobre alla seconda guerra mondiale. E’ un lavoro da compiere. Comunque vale la pena di richiamare una questione di metodo posta da Marx: «La chiave di questi fenomeni sarà facilmente trovata studiandoli separatamente uno per uno e poi mettendoli a confronto.». Cioè, nel nostro caso, prima doveva essere analizzata la società russa, ciò che era di per sé, per poi confrontarla con altri sistemi sociali. Comparare il sistema sociale russo con gli altri, o (peggio ancora) viceversa, per comprenderne la natura sulla base di similitudini non basta, non è bastato, essendo un metodo fondamentalmente estraneo alla metodologia scientifica, marxista.

C.D.C. Febbraio/Marzo/Aprile, 2001
 

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