Brevi sulla presunta natura sociale dell'URSS
É un fatto che, ad oltre un decennio dal crollo dell'URSS, nell' ambito dei raggruppamenti politici che si richiamano più o meno fondatamente al marxismo, il giudizio sulla natura sociale dell'URSS rimane un elemento di distinzione dell'uno rispetto all'altro. L'imprevisto crollo non ha minimamente intaccato la rispettiva fiducia nelle varie ricette da questi elargite nonostante il crollo stesso ne rappresentasse l'indiscutibile fallimento, il tragicomico finale di teorizzazioni ultra trentennali. L'unico sforzo compiuto è stato quello di inquadrare nei rispettivi schemi il "crollo" come si trattasse di una vertenza sindacale o di un cambio della guardia in un governo qualsiasi.
Le formazioni che si richiamano alla
"sinistra comunista" con varie sfumature da anni denunciano la natura
sociale dell'URSS come "capitalismo di Stato". In qualche caso, in
altero soliloquio, giungendo a sancire nel crollo dell'URSS una propria
"vittoria teorica", avendo il crollo dell'URSS "confermato"
la natura sociale di capitalismo di Stato che ne era stata data, anzi presa
così com'era dalla tradizione stessa della "sinistra comunista", alla cui base non vi era che un'unica, isolata citazione di Engels, oltretutto travisata per le immediate necessità degli "interpreti".
Dalla tesi sull'URSS capitalistico statale questa "scuola" deriva
anche il giudizio su Stalin "rivoluzionario malgrado se stesso", senza
fornire la benché minima spiegazione sul come sia stata possibile in una
formazione economica capitalistica, sia pure "statale", un dominio
politico personale al cui confronto quello di Hitler era un dominio da
boy-scout. Il qualificare l'URSS come capitalistico statale era comunque
confortante. La rivoluzione bolscevica aveva, nonostante la controrivoluzione
capitalistico-statale-staliniana prodotto un "progresso" rispetto allo
stagnante zarismo e non solo. Distorcendo Engels la sua natura sociale "capitalistico-statale"
veniva elevata a vera e propria
tendenza nella quale, volenti o nolenti, si erano già incamminati anche gli altri paesi. Persino
per gli USA veniva indicata, in mancanza d'altro, la FED come esempio di
"controllo dello stato" sull'economia.
Nonostante le perdite subite dal proletariato "sovietico", con la
guerra civile e le carestie, siano meglio definibili come vero e proprio
sterminio di una generazione di comunisti, completata dalle purghe staliniane, per
queste formazioni che si richiamano alla "sinistra comunista",
il settore "sovietico" del proletariato mondiale rappresentava più di
una speranza per la prospettiva rivoluzionaria, avendo vissuto la rivoluzione
d'Ottobre e dovendosi scontrare con una forma economica "avanzata" ed
emblematica dell'opportunismo (in questo ambito, ad es., A. Cervetto formulerà le
sue tesi su "Genova punta avanzata della strategia rivoluzionaria".).
Un'altra sponda di queste formazioni è occupata
dai raggruppamenti che si richiamano a Trotzky.
La figura di Trotzky è certamente una delle più amate da chiunque professi di essere comunista e quindi
rivoluzionario. Non condivisibili le posizioni ante rivoluzione d'ottobre, secondo Trotzky infatti
(" rivoluzione permanente" ) il proletariato dei paesi arretrati, non ancora capitalistici, deve comunque
e sempre passare dalla rivoluzione borghese, considerata inevitabile per questi paesi, alla rivoluzione
" socialista" , alla dittatura del proletariato. Nel '17 Trotsky ritiene che Lenin sia passato sulle
sue posizioni senza comprendere che ciò che per lui è " strategia" per Lenin è soltanto un'occasione,
un dovere internazionalista, che lo scoppio della prima guerra mondiale ed il crollo della II Internazionale, hanno di fatto gravare sulle deboli spalle del proletariato russo.
Ma nella battaglia e nella lotta rivoluzionaria è comunque Trotzky l'eroe della rivoluzione d'ottobre. Senza Trotzky è difficile ipotizzare che, dalla presa del palazzo d'inverno alla conclusione della guerra
civile, gli avvenimenti
avrebbero mantenuto lo stesso corso. Sul piano teorico però Lenin nega l'esistenza nella repubblica
sovietica di uno " Stato operaio" come lo qualifica Trotzky. Lenin si richiama la concreta vita economica
e sociale nella repubblica sovietica, Trotzky interpreta la realtà sovietica sulla base del proprio
schema strategico che, ormai, dopo la morte di Lenin e chiusa vittoriosamente la guerra civile,
non rappresenta più un'ipotesi di lavoro " strategico" ma una visione precostituita ed astratta. È
per lo " Stato operaio" sovietico che Trotzky teorizza uno sviluppo industriale pianificato. È rispetto allo "Stato operaio" che Trotzky concepisce la reazione stalinista come un semplice "passo indietro" anziché coglierne l'abisso reazionario, reputando pur sempre un dovere internazionalista "morire per l'URSS".
Ed è sempre Trotzky che dopo aver accusato gli "epigoni" di aver concepito una "fase" intermedia tra il capitalismo ed il socialismo, ridicolizzandoli, non riesce a far di meglio che ipotizzare anch'egli una "fase transitoria" con la quale definisce e qualifica non solo il regime stalinista ma tutta la situazione mondiale ("Programma transitorio"). Secondo Trotzky il regime stalinista è un regime "bonapartistico" col quale Stalin domina lo Stato facendo leva sull'equilibrio tra la classe operaia ed una "nuova classe", quella dei funzionari statali, la «burocrazia» che avrebbe "espropriato" il proletariato del potere. Trotzky adopera il termine "bonapartismo" in un ambito del tutto diverso da quello con cui Marx l'aveva adoperato per la Francia di metà ottocento confondendo, ed inducendo in confusione, termini e situazioni in nessun modo confrontabili.
In ogni modo anche per Trotzky, come per Marx la Francia bonapartistica, la Russia bonapartistica poteva avere un'esistenza soltanto "temporanea", da un lato o dall'altro l'equilibrio avrebbe dovuto inevitabilmente rompersi.
Trotzky, coerentemente all'ipotesi bonapartistica, non riteneva possibile che un tale regime potesse avere vita lunga, doveva necessariamente evolvere in una direzione o nell'altra. È un modo corretto di avanzare ipotesi quello di indicarne limiti e scadenze, imponendo una verifica. Si può non condividere l'ipotesi ma se l'ipotesi è correttamente posta e verificata l'eventuale correzione dell'errore è l'unico metodo scientifico di approssimazione alla verità scientifica. È, tra l'altro, l'unico metodo con cui il lavoro di chi avanza eventuali altre ipotesi può tendere ad unificarsi; tutto il resto è chiacchiera "benvolente", " unitaria", manifestazione di buone intenzioni di cui com'è noto è lastricato l'inferno.
Ma se poi, tornando a Trotzky e soprattutto ai trotzkysti, ad ogni verifica anziché tirare le somme si mutano gli addendi non per creare una nuova ipotesi ma, non avendo tirato somme, per salvaguardare cervelloticamente la vecchia, ci si allontana mille miglia da qualsiasi ipotesi di lavoro scientifico.
Comunque, qualunque fosse l'occasionale base sociale del bonapartismo sovietico l'eventuale evoluzione in senso " borghese" , " controrivoluzionario" , degli equilibri nello " Stato operaio" non avrebbe mancato di provocare una reazione in senso opposto, " rivoluzionaria" , della " classe operaia" sovietica.
Oltretutto anche per i trotzkisti la " classe operaia" sovietica si trovava comunque ad occupare, grazie alle conquiste dell'Ottobre, allo " Stato operaio" , una posizione di vantaggio, di avanguardia, rispetto alla classe operaia internazionale; infatti alla classe operaia " sovietica " non era neanche necessaria una rivoluzione " sociale" , era, sarebbe stata, sufficiente una rivoluzione " politica" , abbattere un dominio piuttosto che rivoluzionare una società. Perché i lavoratori sovietici non abbiano mai non diciamo colto, ma neanche tentato di cogliere, questo vantaggio nonostante la vita miserabile e l'oppressione servile cui erano sottoposti, nonostante l'indiscutibile debolezza della " burocrazia" sovietica almeno nella fase del crollo, non sarà mai dato sapere da fonte trotzkista.
Non potendosi sostenere che un simile fatto sia avvenuto ne prima, ne durante, ne dopo il crollo dell'Unione Sovietica se ne deve scientificamente dedurre che per essere trotzkista occorre avere la testa più dura dei fatti. Che poi si possa anche tentare d'" interpretare" ogni manifestazione di resistenza in difesa dei propri stipendi da parte di alcuni settori di lavoratori privilegiati come " volontà rivoluzionaria di conservare lo statalismo stalinista" , che si possa cioè confondere una volontà reazionaria con una volontà rivoluzionaria, è ormai per questa "sinistra" non solo possibile ma ormai tradizionale.
Di Caro Carlo, luglio 2000.