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 PER UNA NUOVA LINGUISTICA MARXISTA

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T O P I C    R E V I E W
obermann111 Posted - 31/12/2003 : 10:27:47
“Naturalmente le questioni non possono essere ridotte all'URSS. Per questo il forum è costituito anche della questione SPD e da quella sulla borghesia finanziaria.
Ma il lavoro che possiamo fare è ridotto, limitato, ristretto. Non è un incoraggiamento ma oggi al comunismo occorre un lavoro controcorrente come mai, forse, nella storia e qualcuno deve pur, non presumiamo di farlo, almeno avviarlo.”
“Emanciparsi dal retaggio ideologico di queste esperienze è dolorosamente necessario e, tale emancipazione, non può essere che radicale, totale.”

“Breve elenco: resistenza e durata eccezionale della fase di crisi del III Ciclo di accumulazione senaa né guerra generale né rivoluzione (a ciò non è estranea, sebbene non determinante, la implosione dell'URSS); liberismo contro keynesismo; centralità della rendita nella contesa internazionale; modifiche della composizione di classe e dunque delle prospettve di lotta del proletariato.”

Partendo dalle due citazioni dell’Admin di Rotta Comunista estratte dal forum “Altri argomenti-sito interessante” e dalla citazione dal medesimo del militante di Battaglia Comunista ho voluto tentare di realizzare quello che dovrebbe essere UNA NUOVA LINGUISTICA COMUNISTA. Siamo,come ampiamente definito all’interno dei vari forum,solo allo stato embrionale. Lo scopo di questo breve PAMPHLET è quello di avviare una nuova lingua del marxismo,svincolata – ma non per questo rigettante – da quello che è stato il Movimento Operaista. Naturalmente lungi da noi qualsiasi aggancio a quello che è l’odierna rappresentazione politica istituzionale della sinistra italiota: una accozzaglia informe di individualismi sposanti in pieno la logica del monopolio,del trust e del privilegio intermediario,istituzionale,verticisticO. Una sorta di sovietismo sporcato di pessimo occidentalismo.

LA TAYLORIZZAZIONE E' ACCETTABILE ALL'INTERNO
DI UNO SVILUPPO IN SENSO COMUNISTA DI UNA SOCIETA'?

Riprendendo fedelmente dal primo libro del Capitale di Marx si legge:
"la forma del lavoro di molte persone che
lavorano l'una accanto all'altra e l'una assieme all'altra secondo un piano,
in uno stesso processo di produzione, o in
processi di produzione differenti ma connessi si chiama cooperazione.
La cooperazione degli operai salariati è un

semplice effetto del capitale che l'impiega simultaneamente, la connessione delle
loro funzioni e la loro unità come
corpo produttivo complessivo stanno al di fuori degli operai salariati,
nel capitale che li riunisce e Ii tiene insieme. .!"

Quindi agli operai salariati la connessione fra i loro lavori si contrappone, idealmente
come piano, praticamente co-
me autorità del capitalista, come potenza di una volontà estranea che assoggetta al
proprio fine le loro attivìtà. Que-
sto piano marxista è ideale per spiegare l'introduzione dello scientific management -che
in Italia avverrà con la Pri-
ma Guerra Mondiale -all'interno delle grandi imprese industriali, anche
se poi la realtà risulta maggiormente arti-
colata e non irreggimentabile in formule. Tuttavia uno dei dati
salienti della storia dell'organizzazione scientifica del
lavoro in Italia è costituito dal fatto che i momenti centrali di
formazione dei requisiti funzionali per la sua estensio-
ne furono sempre momenti di grave o storica sconfitta del movimento
operaio italiano come la Prima Guerra Mon-
diale, il fascismo egli anni cinquanta e che quindi il momento della subalternità
operaia fu sempre determinante.
La sconfitta degli anni cinquanta del "mondo operaio" si lega al fallito
tentativo dei lavoratori altamente specializzati
di condizionare e trasformare l'organizzazione bassa dell'impresa
utilizzando da un lato la spinta rivendicativa esi-
stente in tutti i settori del proletariato sull'onda dell'esperienza
resistenziale, dall'altro le capacità organizzative intrinseche ,
al patrimonio tecnico e alla abilità pratica della forza lavoro
complessa. Un filo rosso che si snoda dal rifiuto del Cot-
timo alla sua utilizzazione in forme collettive, ai consigli di gestione,
alle conferenze di gestione che ci portano ad
individuare negli operai specializzati di quegli anni
non solo dei comunisti legati ideologicamente al blocco orien-
tale, ma soprattutto -secondo GIUSEPPE DELLA ROCCA -dei
costruttori nel senso opposto agli intendimenti del capitalismo
ItalIano. Erano I più forti Oppositori alI' americanismo di quegli
anni che invadeva le fabbriche coinvolgendo la stessa sinistra.

Essi costruivano in fabbrica una esperienza che insegnava a
lavorare in modo diverso, erano la dimostrazione fisica che il taY-
lorismo non era il solo metodo applicabile all'organizzazione
di lavoro in fabbrica. Secondo SAPELLI è nella eliminazione del-
la figura sociale ,degli operai produttori e nell'imposizione del
dominio assoluto dei quadri direttivi sull'organizzazione di la-
voro a ridare libertà d'azione agli imprenditori per lo sviluppo
produttivo. Tuttavia bisogna considerare la favorevolissima
congiuntura dell'epoca ed il relativo basso costo delle materie
prime: due fattori di non trascurabile peso. Altresi lo scientific
management che si realizzerà sarà un taylorismo fortemente
spurio, smentendo la disamina di DELLA ROCCA. Il rapporto
capitale-lavoro infatti rimane una commistione di discrimina-
zione e paternalismo con un rifiorire di iniziative e di proposi-
zioni tutte permeate di una concezione familistica dell'impresa.
Quindi già all'interno della crescita italiana si covavano delle
conseguenze drammatiche addebitabili sia alla politica degli in-
dustriali, sia alla schizofrenia spartitoria e mediatrice del
personale dominante. Si procedette certo alla diparti-
mentalizzazione, ma l'innovazione sarà feudalizzata e polarizzata.
Le contraddizioni esploderanno con la reazione
della massa operaia generica orchestrata da sindacatI massificati.
Il potere contrattuale crollerà proprio al suo api-
ce, una reale taylorizzazione in Italia è risultata mancata per due volte:
con la reazione autoritaria delle direzioni,
poi con inflazioni galoppanti che distruggono il potere d'acquisto salariale.
In conseguenza di ciò la taylorizzazio-
ne risulta totalmente fallimentare se non si concretizzano tutta una serie
di circostanze favorevoli. Pensare di miglio-
rare semplicemente le condizioni del proletariato attraverso le
regalie manageriali allo scopo di rafforzare la coo-
perazione citata da Marx non porta al miglioramento della posizione
sociale del quarto stato che rimane subordi-
nato. Una semplice logica monetizzante NON EMANCIPA ANZI SCHIAVIZZA.

RICOMPOSIZIONE

La fondamentale caratteristica, italiana è stata quella di
un differenziato sviluppo tecnologico che ha prodotto una

manifesta stratificazione sociale.(Esattamente da quì passa ,
l'adeguamento politico ideologico del comunismo italiano
che ha dovuto abbandonare quasi subito qualsiasi slancio
rivoluzionario incanalandosi in un obbligato "fiume" rifor-
mista...)ln questa differenziazione tecnologica si sviluppa
la quota dei servizi non disgiunti dalla produzione di beni
industriali,beni che assumono sempre più un ruolo centrale.
E' la terziarizzazione dell'industria la cui crescita si
calcola NON' alI' aumento dei consumi finali dei servizi ma
all'interno della crescente integrazione del terziario nel
sistema produttivo.Tra il 1959 ed il 1981 la quota degli
occupati nei servizi aumenta di due milioni,di essi ben il
37,92 per cento si colloca all'interno dei servizi destinati
al sistema produttivo,scavalcando di gran lunga quelli colloca-
ti nel commercio finale.E' all'interno di questo spostamento
che noi ricaviamo l'idea dei grandi mutamenti avvenuti
nella composizione organica del lavoro vivo,nella stratifi-
cazione di ceto e classe all'interno della industria.Entrando
nella specifica analisi dello statista torinese Gallino,noi
vediamo che gli imprenditori riferiti alle piccole unità
produttive a conduzione non manageriale passano,tra il 1951
ed il 1980,dall' 1,9 al 3,4 per cento,gli impiegati,gli
operai dei servizi globalmente considerati passano dal
14,3 al 21,3 per cento.Nello stesso lasso di tempo allo
interno del modo di produzione capitalistico-oligopolistico
l'alta dirigenza passa daIlo 0,15 allo 0,31 per cento,i lavo-
ratori dipendenti passano dal 5,5 al 12,4 per cento.Incro-
ciando i dati noi rileviamo come diminuisce la quota degli
operai che nel 1980 rastrella la stessa percentuale del
1951,mentre aumentano in maniera poderosa, i "tecnici" che
passano dall'I,22 al 4 per cento.unendo questi dati al crollo
degli impiegati nel mondo agricolo-che passano dal 28,7 a,l 5,4
per cento-ed all'aumento degli impiegati pubblici e privati
-che passano dal 4,9 al I7,6 per cento-capiamo la portata
della enorme trasformazione sociale realizzata.
Il nodo fondamentale di tutti questi dati "freddi" sta nella
regressione del mondo operaio che ha inevitabili conseguenze
a livello politico e sindacale.Allegata ad essa si unisce
la regressione strutturale in quanto la crescita dei tecnici
degli impiegati e degli occupati in genere nei servizi alla
produzione, rendono assa i complessa ed eterogenea non solo
la classe operaia ma anche la produzione moderna ed il
luogo istituzionale in cui essa si svolge:l'impresa.
Altresì l'orizzonte che si prospetta non è assolutamente
limpido e puro perchè la poderosa spinta delle nuove tecnologie
o produce arricchimento professionale o impoverimento assolu-
to della qualificazione.Tutto ciò lo riscontriamo fortemente
alI' interno di quello che abbiamo citato come "terziarizza.-
zione industriale" nella. quale risultano decisivi gli aspetti
organizzativi che influiscono immediatamente sui diversi
aspetti della qualità del lavoro,cosicchè nel lavoro NON
manuale convivono professioni qualificate e degradate,senza
che i mutamenti quantitativi trovino rispecchiamento in alter-
native professionali univoche.Inoltre il peso della fase
organizzativa spinge per il totale svincolo del lavoratore
da qualsiasi forma di "tutela industrialista" come lo
Statuto dei Lavoratori che,per l'estrema: forma eterogenea
assunta dal lavoro,non può adagiarsi alla nuova realtà.
Ad aggravare il tutto è,nello specifico caso italiano,il
permanere di moderno e premoderno:
quasi che questa nostra società muti senza scrollarsi di
dosso nulla del passato e senza presentarsi mai con un solo
volto:quello dell'innovazione splendida e pura.Per questo
il recentissimo decreto legislativo approvato in Senato
non appa.re come uno slancio in avanti nella nuova ridefi-
nizione di lavoro perchè si lega strettamente alle esclusive
esigenze organizzative imprenditoriali citate sopra,tendendo
a ridurre sempre più la qualifica di operaio ad avventiziato
e a lavoratore "straordinario".
Effettivamente la figura dell' operaio non solo è diminuita
numericamente tra il 197I ed il I98I-passando dal 31 al 26
per cento della popolazione attiva. mantenendo il suo trend
di costante regresso ,ma si trasforma qualitativamente in modo
multiforme e non unidirezionale e questo a causa del diverso
livello delle dimensioni di scala delle imprese,per il pro-
liferare diseguale dei fattori,per il progresso tecnico
presente in forma discreta e non continua, per il contempo-
raneo presentarsi sulla scena di quelle economie locali e
subregionali che sono un coacervo di interdipendenze infra-
settoriali e intersettoriali e in cui quindi si conservano
notevoli forme di differenziazione sociale .Analizzando
questo processo sociale frastagliatissimo abbiamo la distru-
zione di quella forza lavoro cristallizzatasi in mestiere
come nel caso dei tessitori e dei filatori,passando ai metal-
meccanici alesatori,tornitori,utensilisti e attrezzisti che
lasciano il posto ai robot cercando di riciclarsi come
manutentori,ai lavoratori professionalizzati del legno
attaccati dalla lavorazione industriale e dai materiali
sintetici.Un peso importantissimo assume la disoccupazione
all'interno di questo processo di trasforrmazione.Disinvesti-
menti e ristrutturazione delle grandi imprese accentuano la
disoccupazione giovanile sotto la spinta del blocco delle
assunzioni.
La trasformazione tratteggiata. non aggredisce il concetto di
lavoro ma lo strozza e quello che sorge dalla strozzatura
è la. disoccupazione.AIl' interno delle strategie di dispersione
delle tensioni sociali abbiamo la cristallizzazione del debito
pubblico.Depressione e ristrutturazione ampliarono la spesa-
a partire dagli anni settanta-soprattutto sotto l'effetto
della Cassa Integrazione-introdotta come ordinaria nel 1941
dal 1968 si "eleverà" a straordinaria in relazione alle
:riconversioni industriali-che proteggeva e protegge i lavora-
tori espulsi dalla produzione con integrazione dei loro
guadagni proporzionali al salario prima corrisposto.
Nel 1984 i lavoratori interessati alla Cassa Integrazione
saranno quattrocentomila e tutti concentrati nel centro-
nord.A questi oneri,che si ripartivano tramite lo stato
sulla collettività, vanno aggiunti i trasferimenti delle
imprese,erogati per sostenere l'ammodernamento e la
ricerca tecnologica,con un ampliamento del carico di spesa
gravante sulle finanze pubbliche.Con la restrizione crediti-
zia, inaugurata negli anni ottanta, il disavanzo statale si
ottenne sempre meno per via monetaria e sempre più grazie
all'emissione di titoli,ampliando in misura via via crescente
il debito pubblico.Le riforme fiscali del 1951 e 1971 confi-
gurando l'imposizione sui redditi delle imprese e dei lavora-
tori autonomi doveva portare ad un avvicinamento al modello
della tassazione del reddito effettivo,mentre le imposte
dirette colpivano in misura sempre maggiore i redditi da
lavoro dipendente. Tuttavia le aliquote assai elevate della
tassazione cancellano i margini di una progressività NON
controproducente sollecitando in tal modo la piaga della
evasione fiscale che in Italia risulta assai rilevante e dif-
fusa.Le misure adottate dalla coalizione conservatrice
attualmente al governo hanno cancellato il carattere progres-
sivo della tassazione che tuttavia non ha aggredito il
fenomeno dell'evasione fiscale perchè tali misure non sono
state accompagnate dalla riforma dell'apparato statale che
si mantiene assai evasivo per quanto riguarda,ad esempio,il
controllo.Questo perchè è in atto una ridefinizione dello
stato come imprenditore politico.Autofinanziamento ed aumento
dei tassi di profitto dei grandi gruppi industriali allonta-
nano quell'invocazione che faceva negli anni ottanta il
Governatore della Banca d'Italia che voleva l'intervento
delle banche nel capitale industriale a fini di sostegno e
riduzione dell'indebitamento.Se quell'intervento fosse stato
effettuato esso non avrebbepotuto non assumere il volto di
una estensione della presenza dello stato nell' economia.
Oggi il rapporto appare rovesciato anche se non definitiva-
mente definito.Come già stigmatizzato,quello che caratterizza
il caso italiano è l'allentamento delle misure di regolamen-
tazione,nella contestuale centralità permanente degli istitu-
ti bancari.La rilevante trasformazione in corso è quella
della banca pubblica che diviene società per azioni così da
consentire ad essa il ricorso al mercato dei capitali in
condizioni di parità rispetto alle banche private e più facil-
mente dar corso ad acquisizioni e fusioni.Nella trasformazione
"lo stato dei partiti"'(come; lo definisce Sapelli) realizzerà
strategie dirette a minimizzare le quote di autonomia nel
sistema delle nomine del top management attraverso,ad esempio,
il mantenimento del 51 per cento del capitale azionario in
mano pubblica.


Il problema fondamentale è che la società economica ha assunto
una tale forza ed una tale articolazione da non richiedere
la funzione dello stato come ultimo regolatore e questo non
solo in rapporto all'erogazione di sostegrro finanziario.
Secondo SapeIli la dismissione del carattere assistenziale
degli Enti dovrebbe rinnovare la funzione originaria dello
specifico modello italiano di intervento dello stato legando-
lo,ad esempio,alla intrepresa in settori tecnologicamente
avanzati.In realtà invece si sta assistendo ad una. stolida
e preponderande liberalizzazione tendente a scavalcare la
burocrazia. centrale attraverso il suo annullamento. Un
esempio lampante di ciò ci viene dal progetto "federalista'
portato avanti dalla maggioranza conservatrice e destrorsa
del parla.mento italiano.Sulla scorta dell'idea di decentra-
mento statale,il federalismo .proposto in realtà serve ad
accrescere in maniera esponenziale il carattere svincolante
ed anti-sociale di una società economica prepotentemente
liberista.A confortare queste nostre tesi sopra un "federa,-
lismo anti-sociale" sta il fatto che purtroppo "lo stato
dei partiti" non diede seguito alla importantissima legge
n.382 del 1975 che delgava al governo quei decreti legisla-
tivi necessari a regolare il completamento dell'ordinamento
regionale finalmente reso adempiente nel 1970.
Con tale legge il Governo avrebbe dovuto trasferire alle
regioni quelle funzioni elencate nell'art. II7 della Costitu-
zione raggruppate per "settori organici" che verranno defini-

ti dai decreti 6I6 e 6I7 del luglio 1977,
Una completa realizzazione dei tre decreti avrebbe permesso
già negli anni settanta l'alleggerimento della amministra-
zione centrale con il taglio di ben 9 ministeri,I5 direzioni
generali e 24 tra divisioni,ispettorati e uffici equiparati.
Invece la resistenza del nocciolo forte dello stato centrale,
la mancata spinta propulsiva dell' "alternativa delle regioni"
subito assorbita dalla pratica deviante della corruzione
amministrativa, hanno finito per esaltare quegli elementi
patologici legati alla regionalizzazione ed alla crescita
dei poteri economici locali.La sovrabbondanza di norme che
paradossalmente anzichè contrastare la corruzione ne costi-
tuiscono la cornice indispensabile,lasciando spesso le amminis-
trazioni libere di scegliere il diritto applicabile al singo-
lo caso,la debolezza dell'amministrazione nell'esprimere ap-

prezzamenti di natura tecnica,l'inadeguatezza dei controlli
che restano generalmente formali e non di sostanza porteran-
no al "collasso" emerso durante l'inchiesta "Mani pulite"
ed alla spinta,profusa, proprio all'indomani della. inchiesta,
dei poteri forti della società economica di liberarsi defi-
nitivamente dell'intermediazione amministrativa.


Di fronte alla destrutturazione del mondo operaio,in relazione all'estrema eterogeneità del mondo del lavoro,allo
interno delle politiche di dispersione delle tensioni sociali
realizzate dagli stati è possibile rinnovare una tensione
socialista rivoluzionaria ?
Da riscontri realizzati,in mancanza di una strutturazione
ideologica precisa è l' impulso mediatico a fare da spinta,
ma tale impulso risulta essere fine a se stesso. Bifo Berardi ci illustra,dall'esperienza di Potere Operaio,
come l'ideologismo tenda ad essere assorbito dall'elemento
volontarista leninista, difficilmente adottabile all'interno
di quello che è l'odierna frastagliata società.
Da, Potere Operaio si fecero analisi sopra una nuova ridefini-
zione del concetto di lavoro disgiungendolo sia dal salario ,
che dal tempo come metro di valutazione della produzione
realizzata.II soccorso tecnologico avrebbe dovuto, teoricamente,
dare slancio a questa visione.TUttavia rimaneva un fattore
di decisiva importanza,:ovvero nell'Italia degli anni settanta,
che vide svilupparsi questa concezione,NON si era giunti alla
socializzazione dei mezzi di produzione.Gli operai certamente
erano giunti ad un avanzamento statuale importante,come di-
mostravano gli accordi sindacali della fine degli anni sessanta
ma tutto avveniva all'interno di un sistema capitalistico
che ha saputo incanalare in senso tayloristico le spinte
provenienti dal basso.E' nella socializzazione dei mezzi di
produzione la conditio sine qua non è possibile procedere
ad una legittima ridefinizione del lavoro spinta dalla impor-
tante crescita tecnologica.Altresì dobbiamo aggiungere che
una ridefinizione lavorista senza una importante cultura ideo-
logica alla base sollecita lassismo e disimpegno nella massa
lavorativa che tende a crogiolarsi nel benessere perdendo di
slancio in avanti.La polarizzazione della società esistente
fino alla prima metà del Novecento aveva permesso una diffu-
sione scolastica del pensiero marxista che per questo finiva
per perdere di slancio rivoluzionario a favore del gerarchismo
e del volontarismo leninista che a sua volta si svuota di conte
nuti in relazione alla frammentazione della società e della
classe operaia.Risulta importante una base culturale ideo-
logica che mantenga elevato il criticismo allo scopo di non
scadere in scolastica ed allo scopo di contrastare una
cultura mediatica fortemente omologante.Questo corpus ideo-
logico culturale deve essere depositato all'interno di una
organizzazione partitica secondo l'accezione fino ad ora
conosciuta?
Uha struttura gerarchica fortemente centralizzata ha dimos-
trato di essere troppo vincolata alla personalità dei vertici,
finendo per svuotare la tensione critica ideale di un partito
rivoluzionario.Tutto ciò ancora di più se il partito si
inserisce in una struttura istituzionale-amministrativa
statale. La partitocrazia così formata tende a difendere la
prassi piuttosto che l'interesse sociale miscelandosi per
questo troppo con la società economica espressione di interes-
si specifici.
La trasmissione gerarchica della cuItura rivoluzionaria è
senza dubbio da scartare a favore di una suddivisione per
Cellule o Organismi che pur facendo capo ad un centro,
mantengono al loro interno una tensione ideologica critica
paritaria a tutte le altre Cellule o Organismi una struttura
siffatta può adagiarsi meglio sopra una realtà frammentata
che per questo deve essere ideologicamente ricomposta.

• * * *

Col termine cooperativismo possiamo senza dubbio inglobare funzioni sindacali
come la concertazione che realmente si sono dimostrate deficitarie in quanto la
base fondamentale ideologica,la difesa del posto di lavoro,non solo non ha
impedito la de-industrializzazione e la fuoriuscita di migliaia di operai dalla
fabbrica,ma altresì ha polverizzato sia il potere d'acquisto del salario,sia
quell'humus dottrinale fondato sulla esperienza di lavoro "in catena" che -come
cita Giuseppe Della Rocca- all'indomani del secondo conflitto mondiale aveva
prodotto una avanguardia capace di opporsi alI' americanismo. In definitiva il
sindacalismo odierno non è più ideologico ma consumistico e le conseguenze,in
relazione ad una fase congiunturale sfavorevole,sono sotto gli occhi di tutti.
Le ristrutturazioni industriali partono da questo presupposto fondamentale:si
restringe fortemente la produzione " a catena",non si migliora al suo interno la
qualità del lavoro,si estende la produzione "per fase",si espelle
continuativamente manodopera,si tengono alti livelli inflazionistici per favorire
il mercato estero ed il suo costante legame con esso. Il frazionismo lavorativo,
che al suo interno diviene super- Iavoro,ovviamente restringe sempre di più la
piramide della redistribuzione della ricchezza accentuando sperequazioni
territoriali e del mercato del lavoro spingèndo al massimo quella tensione alla
terziarizzazione che in ogni caso è incapace di assorbire l'espulsione costante che
avviene dall'industria. All'interno della fase ristrutturativi lo stato,sfruttando il
crollo ideologico ed il sostanziale annichilimento della tensione sociale,procede
secondo una prassi consolidata:politica dei redditi a pioggia( pre-
pensionamenti,cassa integrazione) per sostenere l'urto inflazionistico soprattutto
nelle aree depresse,realizzazione di corpi legislativi in materia lavorativa
tendenti a legalizzare svincoli di fatto del mondo imprenditoriale.(legge delega
su lavoro )
Tuttavia questi provvedimenti non fanno che consolidare la competività storica
del nostro paese nelle esportazioni facendo permanere consolidati dualismi delle
strutture industriali italiane. L'indicatore ci viene nei differenziali tra prezzi
interni e prezzi esterni praticati sui mercati mondiali.
Mentre i settori tecnologicamente avanzati giungono a fissare prezzi per
l'esportazione più elevati di quelli interni,gli altri praticano una politica inversa
(caso Fiat) a riprova del nesso esistente tra protezione del mercato interno e
scarsa produzione di comportamenti tecnologicamente avanzati. Gli anni 80-90
hanno visto crescere il commercio intraindustriale tra il nostro paese e le altre
nazioni europee,come è evidente dall'aumento della dipendenza dall'estero per
quel che concerne gli input e le fasi di lavorazione intermedie,tanto più quanto
più è elevato il contenuto tecnologico delle stesse,il tutto all'interno del processo
di integrazione soprannazionale acceleratosi negli ultimi 10 anni. Ciò che
aumenta ,a fronte della contendibilità crescente dei mercati,è la diffusione
dell'oligopolio nazionale,cosicche all'interno della CEE possiamo riscontrare un
! ristretto gruppo di aziende che occupano la medesima posizione di mercato in
I diversi paesi e I'oligopolio si ripresenta come una costante dell'Italia industriale.
Secondo Sapelli ,imbrigliare e condizionare con legislazioni vincolanti e con
anguste ottiche nazionali,una situazione che vede irreversibile la competizione
globale è quanto mai dannoso. Questo perche la costante crescita dei gruppi
medio grandi industriali verte su ristrutturazioni e ridimensionamenti,aumento
del tasso di utilizzo degli impianti(terzo turno notturno e
superlavoro),acquisizioni dirette ad accrescere la gamma dell'offerta nei settori
consolidati(holding e partecipazioni),ripresa del grado di integrazione verticale e
di diversificazione nei prodotti correlati. Nuovamente si pone l'accento sul
ritrovato autofinanziamento che ha consentito di innescare un processo di
raccolta di capitali fondata sull'apprezzamento prima inusitato dei valori
mobiliari quotati in borsa,così da promuovere l'aumento dei capitali di rischio a
costi molto contenuti. Anche in questo processo I'oligopolio si rivela risorgente e
dominante:IRI,FIAT,Montedison,OIivetti rappresentano tra il 53 ed il 74 %
delle emissioni totali lorde.
Tuttavia i crack del 1987 e del 1989 hanno dimostrato i forti limiti di questa
strategia acquisitiva,rivelando incognite pesanti a fronte della instabilità dei
mercati finanziari. Tutto ciò ci riporta alle ristrutturazioni precedentemente
illustrate ed al placet del sindacalismo "consumista".
NON BASTA SOLO UNA DENUNCIA FINANZIARIA PER DARE UNA
SVOLTA REALE .
RIPIEGARE TUTTE LE DISCUSSIONI SOLO AD UNA POLITICA DI
CONSUMI,DI SPESA E' FINE A SE STESSO,PERCHE' IN PRATICA NON
SI INT ACCA UNA CONDUZIONE ECONOMICA CHE RISULTA
DEFICITARIA.
QUESTO PERCHE' DALLA SINISTRA GLI INDIRIZZI VERTONO TUTTI
SU CONCEZIONI MONETISTICHE DI ST AMPO T A YLORIST A CHE
SONO IL FULCRO DELLE psEUDO idEOLOGIE DESTRORSE CHE
COSTELLANO TUTTI I PAESI DELL' AREA occidENTALE.
SI E' PERSA PER STRADA L' ADESI NE ALLA REALTA'
OPERAISTA,ALLA FABBRICA COME LUOGO DI CRESCITA DELLA
MASSA OPERAIA,DEL LA VORO COME PUNTO DI SVOLTA NON A
FAVORE DI UNA PRODUTTIVITA' AD ESCLUSIVO vANTAGGIO DEL
CAPITALISTA,MA A FAVORE DELLA MASSA COME EFFETTIVA
SOCIALIZZAZIONE REALIZZANTE ATTRA VERSO UNA NUOVA
VISIONE DELL' ATTIVITA' LAVORO SGANCIATA DALLA TRACCIA
DEL TEMPO ED AGGANCIATA FINALMENTE ALLO SVILUPPO
TECNOLOGICO.
A MIO AVVISO E' NECESSARIO DA PARTE DELLA SINISTRA
DISTRUGGERE COMPLETAMENTE L'INDIRIZZO
TAYLORISTA,PRODURRE UN NUOVO TIPO DI PROPOSTA
DIAMETRALMENTE OPPOSTA A QUELLA DESTRORSA,PUNTANDO
NON SU EVENTUALI MESSIA MEDIATICI O FINANZIARI CHE NON
POSSONO PORTARE NOVITA' ,MA RITORNANDO ALLA BASE,ALLA
MASSA LAVORATIVA,INTRODUCENDO NUOVE CONCEZIONI DI
LAVORO CHE SFRUTTINO LA CRESCITA TECNOLOGICA PER
ALLARGARE CONCETTI COME ASSUNZIONE E NON FERMANDOSI
SOLO ALLA OBSOLETA DIFESA DEL POSTO DI LAVORO.
CON QUESTA DIZIONE SINDACATI E PCI NON HANNO IMPEDITO
FINO AD OGGI LE CONTINUE ESPULSIONI DI LAVORATORI E LA
PROGRESSIVA RIDUZIONE DELL'INDUSTRIALIZZAZIONE SOCIALE E
PER INDUSTRIALIZZAZIONE SOCIALE INTENDO LA CRESCITA
IDEOLOGICA E MATERIALE DELLA MASSA LAVORATIVA
ALL'INTERNO DELLA FABBRICA STESSA CHE IN QUESTO MODO NON
VIENE PIU' AD ASSUMERE UNA FUNZIONE ALIENANTE E REPULSIVA.
IL LASSISMO PERPETRATOSI ALL'INDOMANI DEL COMPROMESO
STORICO HA FINITO PER FAVORIRE UNA DIRIGENZA INDUSTRIALE
E FINANZIARIA ANCORATA A CONCEZIONI FAMILISTICHE E
FEUDALI CHE HANNO FOMENTATO NEL TEMPO LA PRASSI DELLA
TANGENTE,DELLA MONOPOLIZZAZIONE.
IN QUESTO MODO NON DEVE MERAVIGLIARE L'ESTENSIONE DEL
SOMMERSO ,DEL LAVORO NERO,DELLE COOPERATIVE MODELLO
CAROVANA,DELLO SFRUTTAMENTO DELLA MASSA
EXTRACOMUNIT ARIA,DELL 'ESTENDERSI DI POLITICHE FONDATE
SULLA DIFFUSIONe di PAURE ANCESTRALI RIFERITE AL COLORE
DELLA PELLE ED ALLA RELIGIONE.


LA QUARTA PARTE:ATTACCO ALL’EMPOWERMENT ED ALLA SUA CONTROPARTE COMPOSIZIONISTA EUROPEA

Il grimaldello monetistico anti accumulativo,rappresentato dall’empowerment,non aggredisce il concetto il concetto di profitto perché non considera l’importanza della “fase lavorista industriale”. Marx infatti ci informa che la tendenza necessaria del capitale si realizza nell’aumento della produttività del lavoro come massima negazione del lavoro necessario. A mio parere è in questo lo slancio in avanti:nel rifiuto del lavoro come dinamica della sottrazione del tempo rispetto alla prestazione salariata. L’empowerment americano si realizza come riconsiderazione di Taylor in relazione ad una ricchezza propria,ad una globalizzazione che non ha contribuito alla crescita del potere d’acquisto del soldo americano.
Effettivamente è nel composizionismo l’attacco moderno al lavoriamo alla Bocca che non impedisce i licenziamenti,le riconversioni,i ridimensionamenti. Comporre ovvero montare secondo nuovi principi elementi non più modificabili dalla persuasione politica (come il rifiuto del lavoro) secondo dinamiche evolutive autonome.
Comunismo territoriale,blocco autoritario socialista,capitalismo globale si sono paradossalmente fusi all’indomani del crollo del muro. Da entrambi i lati dell’ex muro la gente ,la massa,spinge per consumare e non per lavorare in fabbrica secondo il canovaccio degli anni cinquanta. La spinta è verso lavori-non-lavori,verso una acquisizione di reddito sempre più svincolato dal tempo e di fronte a questa spinta il lavoro anni cinquanta viene sempre più meccanizzato non tecnolocizzato,ovvero l’uomo diviene assoluta macchina a disposizione del capitalismo. Nuovamente il grimaldello monetistico si sposa a doppio filo con la capacità dello stato-struttura di garantire la capacità di consumo attraverso lo stordimento continuo delle tensioni ed il fagocitare di tutto ciò che si pone all’opposizione. La traccia del denaro compie poi il salto di qualità globale con la spinta ineliminabile verso la conquista di fonti energetiche. Questa sostanziale omologazione si scontra e stride nei confronti di porzioni di mondo che invece mantengono evoluzioni differenti come il mondo rurale asiatico,il mondo islamico,le realtà rurali africane e latino americane. In questi mondi permangono legami personali alla terra che noi non concepiamo più. In questo modo ecco che si cancella in noi la capacità di capire l’esistenza e l’appoggio dato a dittature anche sanguinarie.
La spersonalizzazione omologante che noi accettiamo come un dato di fatto su quei territori non esiste,perché lì è ancora il rapporto di sangue a funzionare.
Questi rapporti personalistici pseudomedioevali sono stati erroneamente considerati,dalle avanguardie ideologiche marxiste,non più capaci di influenzare quello che è lo sviluppo dell’economia globale. In questi ambienti ci si convinse che il contadino del Chiapas,il bracciante cinese,il pastore della Mesopotamia non fossero più in grado di incidere sul circuito economico mondiale teso a svilupparsi e ad incerarsi indipendentemente ,come una sorta di Leviatano mondializzato. Invece la reale portata dell’abbattimento degli edifici statunitensi simbolo dello skyline americanocentrico sta proprio nella sostanziale smentita di questa idea perché,pur essendo stato architettato e organizzato da un gruppo di uomini socialmente elevati,l’attacco agli USA vede alla sua base il sostegno di un’ampia parte del mondo che risulta svincolata da quello che è la globalizzazione. Intere placche continentali come l’America Latina,l’Africa,la quasi totalità dell’Asia,non vantano legami o alleanze con gli USA,mantenendo una base economico sociale ancora a prevalenza rurale che non interpreta assolutamente quello che è il modello post-industriale euro-americano.
Una mancanza di continuità che si traduce in rifiuto dell’ateismo ,del laicismo e della spersonalizzazione a favore di ideali religioso familiari assai forti e radicati . Ed è sopra questa cesura che si ergono e si sostengono le organizzazioni definite terroristico religiose ,proprio su quella porzione di umanità che erroneamente è stata considerata ininfluente. Questo passaggio risulta fondamentale per staccare il mio pensiero dal filone composizionista ancoratosi all’empowerment americano che non attacca il modo di produrre capitalista,sovrapponendosi ad esso.

Con forza

Davide






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