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 su DICO e diritti civili

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T O P I C    R E V I E W
RosTa Posted - 20/03/2007 : 11:05:09
Sui DICO si assiste ad uno spettacolo da teatrino:
il governo di “centro a sinistra” che parte lancia in resta, per far subito marcia indietro sotto le mura vaticane;
la “sinistra radicale di governo e d’opposizione”, che non perde occasione per fare ciò che non potrebbe non fare: il lanzichenecco della borghesia nostrana;
la “sinistra rivoluzionaria”, che pone una pietra tombale sul problema in quanto insignificante rispetto ai superiori interessi di una lotta sempre immaginata e mai praticata.
Tre punti, per impostare una lotta conseguentemente comunista, vanno ribaditi:

primo, indebolire la forza dello Stato rispetto alla classe lavoratrice, in particolare invertire la tendenza alla pervasività della sua presenza nella vita civile. In questo senso non possiamo non contrastare la proposta di una disciplina legislativa delle coppie di fatto che le avvicini alla famiglia borghese, non per suggellare una discriminazione, ma per far arretrare il “privilegio” familiare e porlo allo stesso livello della convivenza.
Nella sostanza dobbiamo contrastare l’incubatrice dei rapporti sociali capitalistici, la forma familiare specifica, e rivendicare la libertà di vivere rapporti personali che meglio soddisfino le esigenze soggettive, sottraendole alla tutela statale. Si pone in essere, così, una lotta politica che , da un lato mette in discussione i rapporti socio-economici, e dall’altro impone all’organo politico della borghesia il riconoscimento formale del mutamento sfavorevole del suo rapporto di forza con la nostra classe.
In generale, qualsiasi rivendicazione che comporti un immediato miglioramento dei rapporti di esistenza dev’essere, per noi, della massima importanza, persino maggiore dei rapporti sindacali, proprio per l’immediatezza del carattere politico di questo tipo di lotta, per l’immediatezza dello scontro col massimo tutore dei rapporti esistenti.
In sintesi, costringere lo Stato a misconoscere i privilegi a proprie istituzioni, ritirandosi dalla vita civile. Altro che estendere la tutela legislativa!

Il secondo aspetto è che la lotta per i diritti civili, cioè per i miglioramenti delle condizioni di vita della maggioranza della popolazione, è sempre stata al centro dell’attenzione dei marxisti. Se così non fosse, l’insurrezione sarebbe uno scopo in sé, e non invece una fase di un processo rivoluzionario più ampio il quale, generalizzando alla specie i privilegi di classe, annulla le classi assieme ai privilegi.
Quindi, per i rivoluzionari, bypassare il problema dei diritti civili è un negare sé stessi.

Il terzo aspetto è quello delle divisioni politiche che questo tipo di lotta produce fra i settori delle classi avverse, indebolendole, togliendo alleati e guadagnandoli alla nostre battaglie, seppure come compagni di strada. Questo impone, però, sia l’attento studio dei mutamenti delle forme sociali e dei rapporti di forza, sia la conoscenza dei limiti delle varie classi, oltre che della capacità dei marxisti di utilizzare ogni strumento nelle specifiche condizioni d’intervento. La tesi lassalliana dell’ “unica massa reazionaria” è stata ampiamente sbugiardata, ma non è un caso se la si ritrova in alcune frange settarie della sinistra, indifferenti al nesso che c’è fra lotta per i diritti democratici, qualora non collidano con gli interessi della lotta di classe, e lotta per il comunismo.

Al di fuori di questi tipo d’impostazione, si finisce per portare acqua al mulino del nemico.
2   L A T E S T    R E P L I E S    (Newest First)
Admin Posted - 18/04/2007 : 10:12:05
Ante ha risposto alla mail innescata da RosTa, con questa che riporto.


Due parole di commento sulla questione della famiglia. Direi che è nello stato delle cose il superamento della struttura tradizionale. Il vecchio di Treviri avrebbe esaurito la cosa confermando le sue previsioni. Se in passato la struttura familiare era l'inevitabile portato della produzione agricola (molti figli molte braccia per i campi) con l'evoluzione della grande industria abbiamo assistito al continuo declino del ruolo della famiglia come struttura ottimale per la riproduzione ed il mantenimento della forza lavoro. Struttura che garantiva anche un minimo di stato sociale (mantenimento degli anziani, crescita dei figli, alimentazione della forza lavoro e quant'altro). Nell'economia industriale e dei servizi l'ingresso della donna nella forza lavoro ha si garantito un 'abbassamento del prezzo della forza lavoro ma in seguito, con il livellamento dei salari, si è integrata efficacemente nel mercato del lavoro così lo Stato nel periodo del golden age si è preoccupato di garantire i benefit una volta garantiti dall'istituto familiare. Con l'avvento della crisi degli anni 70 abbiamo assistito negli ultimi 30 anni al ridimensionamento del mercato del lavoro ed ai continui tagli al welfare che hanno determinato non solo uno sfrangiamento nell'organizzazione della famiglia ma la dinamica dei consumi e della scolarizzazione di massa (dovuta anche ad un mercato del lavoro sempre meno disposto ad inserire nuove leve nella forza lavoro) ha comportato un costo di riproduzione veramente elevato. Le famiglie numerose sono un retaggio del passato, il nucleo familiare costituito dalla coppia di lavoratori può al massimo gestire un solo figlio e la diminuzione delle nascite è stata determinata dalla crisi e dal mutato rapporto con l'organizzazione del lavoro. L'avvento degli immigrati ha sortito lo stesso effetto (anzi più intenso) dell'ingresso della forza lavoro femminile sul mercato contribuendo ad abbassare ulteriormente il prezzo della forza lavoro. Quindi non è possibile contrastare una dinamica naturale, spontanea determinata dai rapporti di produzione. Diventare razzisti è un lusso che si possono permettere solo minoranze che intendono riportare indietro l'orologio della storia, parlare di integrazione della nuova forza lavoro è un eufemismo, l'integrazione è un meccanismo determinato dalla dinamica della produzione e quindi ci vuole tempo perchè si realizzi. Se poi lo stato sociale diviene sempre più limitato i lavoratori cercano il più possibile di sostituirlo all'interno di una organizzazione privata con la convivenza, il matrimonio (costoso e rischioso economicamente) oppure ... restando da soli (i dati mostrano una tendenza notevole verso i single nei paesi OCSE). Ormai i gusti sessuali non costituiscono più un tabù in quanto non è più necessaria la perfetta dinamica della riproduzione della forza lavoro. La Chiesa, contrariamente a quanto pensano anarchici, anticlericali e comunisti del vecchio mondo.. continua a vivere una profonda crisi da moltissimo tempo (non facciamoci abbagliare dai mass media), crisi di vocazioni, diminuzione del numero di preti, continua diminuzione negli spazi pubblici (i giovani non vengono più aggregati dalla fede anzi se ne stanno da soli o in branco nei quartieri ghetto). La Chiesa sta morendo lentamente di morte naturale e la religione costituisce solo un fattore di impedimento per l'accumulazione dei nostri giorni specie con le dinamiche di un "capitalismo" barbaro e ladro in cui la speculazione domina sovrana e la disonestà (opposto di quel valore tanto caro a democratici e preti di una volta) è l'unica regola che possa garantire la profittabilità. Non facciamoci fregare dalla religione munsulmana, guarda che i centri islamici sono solo strutture minimali che garantiscono uno stato sociale da straccioni per le popolazioni arabe molto povere. Peccato che ben poche persone leggano i paper del nostro sito che toccano in maniera approfondita e particolareggiata i temi più attuali. Sul ruolo delle comunità islamiche posso consigliarti l'ottimo Lisa Macdonald The nature of Islamic fundamentalism nel nostro sito www.countdownnet.info in archivio -> analisi storico politica. Infatti i giovani arabi delle periferie francesi si sono rivoltati contro la loro miseria e l'ambiente deprimente delle famiglie musulmane gettando il Corano nelle pattumiere. Quei giovani arabi ormai francesi a tutti gli effetti sono la dimostrazione evidente che la religione e la famiglia verranno spazzate via dal capitalismo stesso nella sua fase di estremo declino.
un caro saluto
ante
carlo Posted - 18/04/2007 : 06:46:01
Premesso che l'opera di seguito ricordata è di Engels e non di Marx e che nel titolo manca il riferimento allo Stato, ho inserito qui come "reply" la mail che rotta comunista ha fatto girare.

La cosiddetta sinistra rivoluzionaria dovrebbe ricordare che tra le tante opere di Marx ne esiste anche una dal titolo “L’origine della proprietà privata e della famiglia”. Ma non solo. Marx sin dalle prime riflessioni sui modi di produzione rilevò come alla loro base stesse un determinato e determinante tipo di famiglia. E come ad ogni modo di produzione corrispondesse un tipo di famiglia. Che così come non c’è capitalismo senza famiglia borghese, così non potrà esserci alcun socialismo senza emancipazione dall’economia domestica. Emancipazione femminile reale, concreta perché sociale, non individuale.
La Chiesa difende nel tradizionale istituto familiare le basi sociali di quel capitalismo cui pretende di essere superiore. Gli altri, progressisti, ammodernando il medesimo istituto ne difendono le imputridite basi sociali, il massimo dell’individualismo corrispondente alla moderna parcellizzazione della proprietà privata.
Non è un caso che entrambi rivendichino l’intervento dello Stato borghese in un senso o nell’altro. Non è un caso che lo Stato sia da questi chiamato non più a rappresentare, istituzionalizzare un comportamento, un’aspirazione sociale quale fu l’amor borghese. Oggi, da entrambe gli schieramenti è chiamato a proteggere, a costringere, ad imporre la sua supremazia.
Tradizionale o ammodernata la famiglia borghese, è già divenuta un’arma non soltanto ideologica nella lotta imperialistica. Un arma impugnata innanzi tutto dall’imperialismo statunitense che vi pone al centro la “Donna” senza burka e con la D maiuscola.
Non stupisce affatto che le varie ideologie “femministe” e “moderniste” sulla famiglia divengano arma reazionaria quanto la poligamia e tutti gli svariati tipi di famiglia patriarcal-tribale tutt’ora ben socialmente presenti in tutto il pianeta.
Dovrebbe invece stupire che nella diaspora (sedicente) marxista questi temi non vengano affrontati politicamente né sul piano dei rapporti internazionali, cioè dei modi di produzione esistenti, né sul piano “interno” alle metropoli, in cui la questione diviene politica solo ridotta ad un anticlericalismo d’antan degno del più conservatore pannellismo.
Bene ha fatto RosTa ha porre in termini simili la questione. Ed altrettanto bene farebbero tutti coloro che ambiscono ad essere comunisti a rifletterci sopra.
Ciao.
Carlo.

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