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Note di metodo nello studio della natura sociale dell'URSS (1)
Bordiga: feudalesimo statale della Russia zarista

Nel 1875 Engels, sul Volksstat, polemizza con un populista russo, di tendenze blanquiste, P. N. Tkaciov.

Un isolamento reciproco così assoluto delle comuni rurali, che genera in tutto il paese interessi bensì omogenei, ma tutt'altro che comuni, è la base di partenza del dispotismo orientale; e questa forma sociale, dovunque è prevalsa - dall'India fino alla Russia - l'ha sempre prodotto, vi ha sempre trovato il suo coronamento. Non solo lo Stato russo in genere, ma la sua forma specifica, il dispotismo zarista, lungi dall'essere sospeso in aria è dunque il prodotto logico e necessario della struttura sociale con cui il sig. Tkaciov pretende che non abbia «nulla in comune».

Engels sottolinea in corsivo "in genere" e "specifica". Naturalmente il fatto che la determinazione di cui tratta sia specifica non solo non nega la determinazione in genere ma la rafforza: le sue specificità sono tali in quanto attengono al genere del dispotismo orientale. Sono specificità di un genere determinato.
Quindi al modo di produzione asiatico (al dispotismo orientale, la cui esistenza è sempre statale), può essere applicato uno schema logico simile a quello che da più parti viene applicato al modo di produzione capitalistico ed alle sue variegate forme politiche, ed ai cui estremi vengono solitamente poste democrazia e fascismo. In sostanza dobbiamo ammettere almeno la possibilità di un dispotismo russo indipendentemente dalle sue specificità zariste. Questo schema logico non è astratto. E' piuttosto un astrazione scientifica basata sulla struttura sociale, analizzata da Marx ed Engels, del modo di produzione asiatico, del dispotismo orientale.
Non parliamo quindi qui di un'ipotetica, pur sempre possibile, generica influenza della tradizione dispotica, del dispotismo orientale sul successivo sviluppo russo. Sottolineiamo qui invece il possibile, se non necessario, sviluppo di una variante dispotica, ferma restando la sottostante struttura economica.
Sottolineiamo struttura, formazione economico-sociale perché sia chiaro che il suo sviluppo non si valuta in quantità ma in qualità, che non si tratta qui di calcolare, ad esempio, lo sviluppo delle forze produttive con dati statistici su vari milioni di tonnellate d'acciaio prodotte, ma di come, con quale organizzazione sociale, queste siano state eventualmente prodotte. 
Comunque da un punto di vista rigorosamente scientifico, l'esclusione di una ipotesi dall'insieme costituente l'analisi di un fenomeno, è già un errore, persino e del tutto indipendentemente dalla reale influenza che l'esclusione di tale ipotesi possa avere sul risultato, sulla valutazione del fenomeno in esame.
Naturalmente, nel caso dell'analisi della natura sociale dell'URSS, intendiamo per assenza della summenzionata ipotesi il suo mancato inserimento serio, a pieno titolo, tra le ipotesi che concorrono al risultato in sede di sintesi, di valutazione.

Non è il solo, ma è comunque il caso di A. Bordiga, maestro e testimone comunista, quando affronta preliminarmente quest'ipotesi nell'opera "Le grandi questioni storiche della rivoluzione in Russia" (da Il Programma Comunista n. 15 e 16 del 1955) e ripubblicata in apertura de la "Struttura economica e sociale della Russia d'oggi", 1966 per le Edizioni Il Programma Comunista).
Dopo aver descritto differenti forme statali originate dai vari modi di produzione, Bordiga scrive:

Che di diverso nel campo russo? Vagliati gli elementi fisici di clima, distanze, comunicazioni, articolazioni tra mari, piani e monti, gli elementi storici della fissazione di diversissime razze in turbinose vicende di invasioni e sterminii di popoli non nutriti dal terreno sterile, ne sorge la precoce premessa al sorgere della macchina-Stato, che la leggenda dice chiesto da genti senza pace non duecento ma mille anni fa al conquistatore ed esploratore vichingo Rurik. Questo Stato politico e militare non si dissolve nel feudalesimo; esso governa sui liberi mir che rende tributari; i nobili autoctoni e d'importazione non asserviranno i villaggi che in parallelo e suppergiù in parità statistica (fino al 1861) con lo Stato (la Corona) e in parte coi monasteri.

Concediamo a Bordiga di aver vagliati tutti gli elementi. Resta il fatto che per Bordiga la caratteristica russa consisterebbe in quel precoce che egli stesso appone in rilievo con un corsivo ad una socialmente indefinita macchina-Stato. Precoce rispetto a cosa? Non ci serve qui un'opinione diversa da quella di Engels: lo stato russo è uno stato assolutista, è dispotismo orientale, determinato da una struttura sociale ben identificata dal materialismo storico. Rispetto alla forma macchina-Stato determinata dal modo di produzione asiatico per la Russia, ammesso e non concesso che l'ordine temporale sia qui significativo, se ne può parlare solo come tardiva rispetto alla corrispondente egizia o cinese, per esempio. Non è scientificamente corretto misurare l'evoluzione nel tempo di elementi eterogenei, diversi per forma e natura sociale, ma se ciò fosse in qualche modo accettabile perché non definire la macchina-Stato feudale, per non dire della borghese, come tardiva rispetto a quella russa?
Per noi, con Engels, è chiaro perché questo Stato (sia pure politico e militare) non possa dissolversi nel feudalesimo. La sua natura asiatista spiega perché questa macchina-Stato non si dissolva nel feudalesimo. Possiamo rispondere qui ad A. Bordiga utilizzando la stessa logica formale con cui, nella  "Struttura economica e sociale della Russia d'oggi", parlando di Trotzky afferma: 

E quando egli disse Stato proletario «degenerato» disse con altre parole Stato capitalista e borghese. Se quello Stato era all'inizio di genere proletario, a degenerazione scontata era uscito dal suo genere, lo aveva cambiato in quello capitalista.

L'analisi formale, strumento essenziale, è però insufficiente per l'analisi della realtà. Qui Bordiga a buon diritto nega che uno Stato proletario degenerato possa ritenersi ancora proletario «a degenerazione scontata», ma la conclusione che sia per questo «capitalista e borghese» è in sé, del tutto arbitraria e priva di fondamento. Sulla base di una pur stringente logica formale avrebbe potuto solo sostenere, come qui noi sosteniamo contro Bordiga, che:

Quando egli disse «non si dissolve nel feudalesimo» disse con altre parole non divenne feudale. Se quello Stato non era prima della dissoluzione di genere feudale, a dissoluzione mancata restò quel che era.

Non con logica formale qui dichiariamo asiatista lo Stato zarista e la struttura economico-sociale sottostante, ma col parere di Marx e di Engels, cioè con lo stato della scienza dell'epoca. Si può legittimamente ritenere, oggi, tale stato della scienza insufficiente magari contribuendo al suo sviluppo, ma lo si deve anche e soprattutto dimostrare.

Comunque Bordiga conclude la sua sintesi.

La conclusione dello schema, qui richiamato in modo scarno, è che per ragioni tratte dai soli elementi materiali e deterministi ben si vede che in Russia il feudalesimo non fu mai antistatale, e fu un vero feudalesimo di Stato; il che senza sorpresa ci fa vedere un capitalismo che nasce statale e vince nella forma statale, «direttamente», senza la apparente forma privata singola. Questa costituisce, in dottrina nostra, una variante giuridico-politica, non sociale, perché l'avvento primo del capitalismo è avvento della produzione sociale; che contro la società produttrice e consumatrice si opponga, come nella dialettica teoria di Engels, la classe dominante, o lo Stato, non è che l'espressione con parole diverse del medesimo fattore storico.

Come per il precoce qui Bordiga sottolinea feudalesimo di Stato. Non ne da qui nessuna spiegazione ma adopera tale definizione al solo scopo di giustificare un capitalismo che nasce statale e vince nella forma statale. Ma feudalesimo, da che mondo è mondo, o se si preferisce, da che Marx è Marx, è termine riferito alla società la cui scissione in classi, feudatari e servi della gleba, determina uno specifico Stato. Il modo di produzione determinato da queste specifiche classi origina un tipo di Stato antitetico rispetto a quello della Russia zarista, determinato dal modo di produzione asiatico. Reso labile e decentrato quello feudale dai perenni conflitti tra monarca e vassalli, dotati di una forza militare autonoma o contrattata, da un'economia artigianale ed agricola di sussistenza, locale ma autosufficiente. Reso accentrato e burocratico dalle necessità militari ed economiche quello asiatico. Difesa militare da invasioni esterne (barbari, tartari, ..), indispensabili lavori collettivi, generalmente, ma meno frequentemente nel caso russo, di tipo idraulico per l'approvvigionamento e la distribuzione delle acque ai villaggi (canali, ponti, fortificazioni, ecc.), generano una generale dipendenza collettiva delle comunità rurali dal potere centrale. Il controllo nella distribuzione dei carichi di lavoro collettivo, dei vantaggi che esso reca, dei tributi per mantenere direzione e competenza centralizzata di queste attività militari ed economiche, generano altresì una burocrazia pletorica, mastodontica. Ogni sviluppo, rompendo l'equilibrio tra le comunità rurali isolate, è facilmente represso dal potere centrale utilizzando le comunità, sempre la maggioranza, che non partecipando direttamente ai frutti di tale sviluppo, lo ritengono un indebito accaparramento del lavoro collettivo. L'artigianato, il commercio non possono svilupparsi come le corporazioni feudali, non arrivando mai al peso ed ruolo sociale che quest'ultime hanno avuto nell'origine dello sviluppo capitalistico.
Bordiga inoltre forza il pensiero di Engels (su questa interpretazione autoconfortante del pensiero di Engels vedi il nostro Duplice carattere della proprietà statale). Risparmiamo al lettore argomenti già trattati ma in sostanza nell'Anti-Duhring Engels trattando della formazione di società capitaliste «anonime», per azioni, dimostra che il capitalista «individuale» è stato soppiantato dal capitalista «collettivo», e che:

Ad un certo grado dello sviluppo, neanche questa forma (le anonime, n.d.r.) è più sufficiente; il rappresentante ufficiale della società capitalistica, lo Stato, deve assumerne la direzione.

Ed ancora:

Lo Stato moderno, qualunque ne sia la forma, è una macchina essenzialmente capitalistica, uno Stato dei capitalisti, il capitalista collettivo ideale

Come si vede qui Engels parla di «un certo grado dello sviluppo», «rappresentante ufficiale della società capitalistica», «Stato moderno», «Stato dei capitalisti, capitalista collettivo». Quindi preconizza lo sviluppo di una ulteriore forma di socializzazione solo dopo aver indicato in quasi ogni parola, di quale stadio dello sviluppo delle forze produttive stia parlando, cioè di quello corrispondente al capitalismo sviluppato. Bordiga invece applica questo concetto di Stato ad un periodo che per sua stessa ammissione non è neanche compiutamente capitalistico, che «nasce» statale e, quindi, all'opposto di quanto fa Engels, deve adoperare una terminologia soprastorica: «produzione sociale», «società produttrice e consumatrice», «classe dominante». 
Tutti i modi produzione sono modi di produzione sociale, e questo essere sociale non caratterizza affatto il modo di produzione capitalistico. Su questo piano ciò che caratterizza il capitalismo è piuttosto la produzione per il mercato, più precisamente per il mercato mondiale. Quindi, ad es., anche gli Assiro-Babilonesi avevano una, più o meno limitata dalla propria divisione del lavoro, «produzione sociale», erano una «società produttrice e consumatrice», avevano una «classe dominante» e, guarda caso, anch'essi non avevano una «apparente forma privata singola». Comunque la contrapposizione, essendo descritta con categorie soprastoriche,  tra «società produttrice e consumatrice» e «la classe dominante o lo Stato» (identificazione tra una classe e lo Stato a parte!), lascia adito ad un'interpretazione, nel testo di Bordiga, che estende la giustificazione del capitalismo statale al feudalesimo statale.
Inoltre Engels tratta di uno sviluppo delle forze produttive cui occorre una nuova forma di proprietà collettiva per poter funzionare ancora come capitale. Ma in nessun modo parla della forma proprietà privata, anzi questa resta, è, pienamente funzionante, pienamente adeguata alla natura di capitale sociale (s.p.a.), nella nuova veste giuridica di proprietà azionaria «singola» Ciò che appare, ma appare concretamente, realmente, come un frazionamento della proprietà non è che concentrazione di capitale, di mezzi di produzione, grazie alla quale la produzione capitalistica scavalca ostacoli per lei altrimenti insormontabili. 
Bordiga però non precisa qui di cosa sia forma ciò che qualifica come «privata singola»; abbiamo dato per scontato trattarsi della proprietà privata che il marxismo però non qualifica mai per il suo carattere individuale, singolo. Il marxismo qualifica la proprietà privata come tale in quanto priva della medesima proprietà la restante parte della società, in quanto genera al polo opposto la mancanza di proprietà. Ed è questo specifico carattere che il capitalista collettivo, come lo Stato capitalista collettivo della preconizzazione di Engels, conservano nella proprietà azionaria. E' di questo carattere che tratta il marxismo quando affronta la proprietà privata. Ridurla ad  una variante «giuridico-politica, non sociale», significherebbe sottometterla alla legislazione corrente, alla volontà politica, ecc..
Del resto che le forme di proprietà, sulle quali si eleva una più o meno sviluppata forma giuridica (dalla legislazione sulle anonime, giù giù, sino all'assemblea del mir), non siano apparenti è ben illustrato da Marx, che ne indica una delle fonti su cui è avvenuta la genesi del capitalismo (per le forme di proprietà feudali ed il loro rapporto con quelle capitalistiche Marx, citato in Marx ed Engels: attesa di un 1789 russo). 
Il risultato è comunque paradossale: ciò che Bordiga tratta come «apparente», caratterizzerebbe il nascente capitalismo Statale russo per esserne senza (!!!).

Non è quindi possibile confondersi: Bordiga parla qui di feudalesimo di Stato come oggi noi parliamo di capitalismo di Stato, ovvero usa la conclusione per giustificare le premesse con cui arriva a tale conclusione. Ma questo feudalesimo di Stato è cosa che «in dottrina» non esiste, non è mai esistita nella storia. Qui Bordiga non tratta di argomenti la cui natura sia successiva a Marx. Il feudalesimo di Stato russo, se fosse mai esistito sarebbe stato anche contemporaneo di Marx ed Engels, ma Marx ed Engels a più riprese pongono e ripongono la Russia nel dispotismo orientale. E sia detto di passaggio e tralasciando gli altri, anche Lenin ne è stato contemporaneo. Quando e dove rileva questa particolarità russa? E' una pecca della dottrina? E, sia detto per inciso e non a difesa, non si può accusare Trotzky di inventarsi con una nuova classe, la famigerata burocrazia, un nuovo modo di produzione, quando la stessa accusa inventa una nuova, sconosciuta forma feudale, il feudalesimo di Stato.
Delle due l'una, o Engels, e con lui Marx, che ha persino imparato il russo per studiare la genesi della rendita fondiaria, ha torto oppure ce l'ha Bordiga.

Bordiga ribadisce tale concetto nella  "Struttura economica e sociale della Russia d'oggi".

Di tale forma la Russia non aveva ormai che una tradizione, non di comunità libere, ma soggette alla classe feudale. La prospettiva dei populisti, cui allude Marx sulla Russia (circa un legame tra il mir antico e il socialismo, condizionato dalla rivoluzione anticapitalista di Europa), battuta dai bolscevichi teoricamente, è stata nella lotta liquidata.
Il grande tipo asiatico vede la produzione, collettiva nei limiti del piccolo villaggio rurale, soggetta a tributo verso una classe dominante di condottieri armati e signori urbani, e anche di sacerdoti, formanti un vero e proprio Stato politico. Tale forma è anche fuori di conto, per quanto in altri passi Lenin si riferisca alle sue vestigia nell'Asia centrale. Ma è facile la sua eliminazione appena vi arrivano le operazioni militari, e non abbisogna in questo di misure economiche.

Non esiste modo di produzione al cui crollo, sconfitta o come la si voglia definire, non occorrano misure economiche, o meglio fattori economici. Qui Bordiga sembra considerare il mir per il solo aspetto sovrastrutturale: il mir è il prodotto, il risultato, l'arcaica sovrastruttura  dell'isolamento rurale dei contadini nella campagna russa. Sovrastruttura su cui fonda il proprio potere, militare e religioso, lo Stato russo. Tali comunità erano quindi soggette, certo, ma non alla classe feudale ma allo zar. Nessuna operazione militare, foss'anche condotta dall'Armata Rossa, escludendosi come ovvio l'occupazione permanente dei villaggi russi, sarebbe stata in grado di provocare la rottura dell'isolamento rurale russo. Il determinismo, termine con cui A. Bordiga richiama il materialismo storico, non riguarda un solo modo di produzione ma tutti. Lo Stato zarista, che pure aveva un esercito non disprezzabile almeno per usi interni, non era riuscito ancora ad avere ragione dell'isolamento rurale asiatico, nonostante dal 1861 in poi avesse tentato di romperlo non con lo knut ma con misure economiche, decretando l'abolizione della servitù della gleba. Torneremo sugli effetti di questa riforma sui contadini, ma certo sgravò i nobili da tutti i compiti giuridici, amministrativi e di polizia, cioè da tutti i compiti e poteri statali. Quindi  se è già improprio definire feudataria la nobiltà russa precedente la riforma del 1861, ancor più lo è per la nobiltà del periodo successivo. Come non esiste capitalista senza lavoro salariato, non esiste feudatario senza servitù della gleba. Si ha un bel dire che nel riscatto, che i contadini dovevano pagare al signore per affrancarsi dalla servitù, si manteneva il servaggio. Con ciò si esprime solo la mancata libertà del contadino (la cui maggioranza restava comunque legata al mir, anzi, spesso era il mir stesso a riscattare collettivamente la libertà dal servaggio) ma non il libero, se non deliberato, passaggio della nobiltà russa all'attività più redditizia di esportatori di segale, grano, ecc., sino a quelle propriamente industriali metallurgiche e tessili.

Chiudendo queste prime annotazioni di metodo nello studio della natura sociale dell'URSS, non possiamo non sottolineare, proprio  mentre la critichiamo, che all'opposizione antistalinista di tutta la sinistra comunista, Bordiga incluso, si deve quel barlume di luce che ha tenuto in vita l'idea comunista, soprattutto in Italia. Tutte le responsabilità che essa porta per il fallimento di tale opposizione allo stalinismo debbono essere fatte proprie da chiunque voglia superarne i limiti, ma senza riguardo alcuno per i suoi errori teorici.
Solo così concepiamo il rispetto e l'affetto che dobbiamo a tutti gli antistalinisti caduti nella lotta.

C.D.C. Luglio 2002

 

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