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Posted - 03/04/2003 : 20:08:23
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Questo è il testo di una mail che la redazione ha inviato ad una lista di frequentatori il 1/4/03
- KAROL: basta parole, via i cappellani dagli eserciti, senza se e senza ma.
In Irak è ormai giunta all'settimo giorno di guerra. Dopo due giorni di bufera di sabbia è tornato il sereno.
Il giornalismo nostrano, esluso quei quattro che sono di greppia berlusconiana, ci propinano un'avanzata militare nell'«empasse», un Saddam che «contrattacca».
Seminare illusioni è il compito di una «sinistra» mondiale (seguono l'esempio del NY TImes) che ambisce solo a dimostrare che gli stessi scopi (!!!) avrebnbero potuto essere raggiunti con ben altri mezzi e con ben altri alleati.
La critica che questo lato borghese della guerra irakena esegue ai suoi avversari assisi sulle poltrone da loro ambite, si palesa nella critica «militare»: occorrevano più uomini, più artiglieria pesante e «da assedio», allora sì che tutto sarebbe risolto in fretta e bene.
In realtà, in questo momento, gli Irakeni sono ridotti a tentare di utilizzare la tempesta di sabbia per concentrare i loro carri ora disseminati nelle città effettuando movimenti in campo aperto che, a causa del dominio aerei degli americani, si riduce ad un vero e proprio suicidio militare. Le forze irakene restano quindi disseminate sul territorio, al riparo delle città ma impossibilitate ad effettuare quei movimenti (voluti o non voluti, poco importa) consentiti alle truppe americane. Ciò non vuol dire che le forze irakene non siano in grado di «resistere», significa solo che, stando così le cose, non possono far altro che «resistere» (che fa' anche tanto antiberlusconismo leguleio «resistere..resistere..resistere»).
La cosa si ridurrebbe, secondo i giornalisti, che pensano di «pesare» più dei militari, alla possibile vittoria «mediatica» degli irakeni: ad una vittoria militare deli USA farebbe da contraltare una sconfitta «mediatica», i giornalisti «occidentali» decreterebbero la sconfitta USA. Ciò forse aiuterebbe le varie opposizioni parlamentari negli altrettanto vari parlamenti di conseguire il loro scranno elettorale ma, che vi riescano o no, quello che è certo è che la guerra in Irak si ridurrebbe allo spianamento delle città irakene, con buona pace per le vittime civili.
Sul fronte interno questa cricca giornalistica ha già eliminato l'opposizione alla guerra di deriva antistalinista, che pur con le solite incertezze del caso, si richiama all'internazionalismo. Ormai non esiste che il pacifismo papalino. Hanno un Dio, dimenticato tra le righe dei listini di borsa, e lo adoperano come una clava contro ogni riflessione, ogni presa di coscienza, sociale e comunista.
Il pacifismo papalino, negando manifestatamente che sia in corso una «guerra di religione» è perfettamente funzionale alla guerra cui dice contrario.
L'ONU, questa gigantesca Cassa del Mezzogiorno Mondiale (che gli interventi «umanitari» della chiesa adoperano), ha sostenuto (volente o nolente) il regime irakeno con i fondi del programma OIL FOR FOOD, grazie al quale Saddam ha tenuto l'Irak sotto controllo. La chiesa Caldea partecipa cristianamente è pienamente coinvolta nella «gestione». Siatene sicuri: la chiesa Caldea non ha mai fatto neanche una manifestazione pacifista contro la guardia repubblicana e presto fara carte false per mostrare «quanto a dovuto cristianamente sopportare» a Bagdad.
Al fondo questa campagna di apparente «tifo per gli irakeni», per l'ONU, il MEC, la NATO (un organismo militare ora diventato democratico per l'occasione) è quanto di più squallido possa essere messo in circolazione per seminare l'illusione che non si possa, e non si debba, concludere dagli avvenimenti che la guerra non è che il prodotto della pace che l'ha prodotta: capitalistica. Che contro la guerra, anche in Irak, bisogna diventare comunisti.
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